Il premier Edouard Philippe ha annunciato la sospensione per sei mesi (diventati poi 12) dell’aumento della tassa sul carburante prevista per il 1° gennaio, nel tentativo di placare la rivolta dei "gilet gialli". Vengono congelati anche gli incrementi previsti per luce e gas.
Intanto i rappresentanti del movimento hanno optato per la rinuncia all’incontro in programma martedì scorso con Philippe per "ragioni di sicurezza". Il riferimento è alle numerose minacce di morte ricevute dall’ala più moderata e disponibile ad un confronto.
A questo punto l'ondata di protesta in gran parte scoordinata che si è diffusa in tutto il paese – da Brest a Strasburgo, da Lille a Marsiglia - potrebbe rientrare. Ma probabilmente non sarà così. Una nuova manifestazione di protesta è stata annunciata per sabato 8 dicembre.
Da un lato ci sono i parigini – e in particolare la sinistra borghese - che si impegnano per la protezione dell'ambiente e, dall’altro, una classe medio-bassa trasversale che vive (di stipendio) nella periferia della capitale e nel resto del Paese che si sente trascurata dal Governo. D'altra parte, l’abolizione della tassa sulla ricchezza, decisa poco dopo il suo insediamento all’Eliseo, è costata a Macron l’appellativo di "presidente dei ricchi". Agli occhi dei manifestanti è, quindi, ora inaccettabile l’introduzione di un’imposta indiretta che colpisce tutti indifferentemente dal reddito.
Eppure Macron ha mostrato una visione coraggiosa sulla "transizione ecologica". Ha promesso di chiudere 14 reattori nucleari entro il 2035 e di ridurre l'uso di combustibili fossili. In effetti, rottamare le vecchie auto e sostituirle con macchine più efficienti è una leva fondamentale per garantire in futuro un mondo meno bollente. E nessuno ha mai detto che sarebbe stato gratis. Anzi, l'Ue ha presentato il conto ed è assai salato. Se gli europei vogliono fare la loro parte per salvare il Pianeta devono prepararsi a investire pesantemente in rinnovabili e in nuove infrastrutture, sborsando da un minimo di 75 miliardi di euro ad un massimo di 290 mld l'anno, a seconda degli obiettivi, da qui al 2050. Che non usciranno dal nulla, precisa Bruxelles, ma dalle tasche di famiglie e imprese sotto forma di tasse (come quella di Macron sui carburanti) o di bollette. L'equivalente di una cifra fra 150 e 600 euro su base annua, in media, per ogni europeo.
Ma come per ciascuno dei suoi precedenti passi, la visione di Macron a lungo termine per la Francia non riesce a soddisfare i bisogni immediati e più urgenti dei suoi cittadini. Ecco perché non è detto che con la sospensione degli aumenti il Governo possa riuscire a fermare le proteste, che alcuni storici paragonano alle rivolte contadine del 14° secolo.
La sfida rischia di diventare pericolosa per il giovane presidente, che si è impegnato a trasformare non solo l'industria energetica francese, ma anche parti del sistema di sicurezza sociale. Che, secondo lui, la Francia non può più permettersi. I “gilet gialli” direbbero, semmai, che l’élite non vuole più contribuire a finanziare.