Il governo di Buenos Aires, ha chiesto inaspettatamente di anticipare il prestito da 50 miliardi di dollari concordato nei mesi scorsi con il Fondo monetario internazionale. Mauricio Macri, che si trova a fronteggiare un’escalation della crisi economica, ha detto che la mossa è pensata per ripristinare la fiducia nell'economia argentina. In realtà, la situazione sta precipitando più rapidamente di quanto pensasse l’Fmi, che comunque ha risposto positivamente al disperato grido di aiuto del presidente del paese sudamericano.
La valuta nazionale - il peso - ha perso oltre il 40% del suo valore rispetto al dollaro quest'anno e l'inflazione è dilagante. I prezzi crescono al ritmo del 30% su base annua. Al contempo, i mercati temono che, nonostante il sostegno dell’organizzazione di Washington, l’Argentina non riesca a ripagare il debito pubblico. Il 30 agosto la Banca centrale ha alzato i tassi di interesse di 15 punti percentuali e ora sono i più alti al mondo: 60%.
Anche altri mercati emergenti come la Turchia e il Brasile stanno risentendo della svalutazione delle loro monete, ma il contesto argentino è particolarmente problematico. Sebbene l'America Latina nel suo insieme ha visto un drastico taglio delle stime sul Pil per il 2018, il paese non è stato in grado di ridurre l'inflazione, la più alta tra i paesi del G20. E il governo non sta attuando le misure e le riforme economiche pur promesse all’Fmi. La cura è nota e sempre la stessa, riduzione drastica della spesa pubblica.
Macri, tuttavia, non sembra in grado di proporre un piano strutturale alternativo e indicare una via d’uscita. È semplicemente fermo. In tal contesto sarà impossibile ottenere maggiore fiducia dai mercati. Mentre Macri sembra aver perso per sempre quella degli argentini, che non possono certo dimenticare quanto accaduto nella drammatica crisi del 2001.