Nei multietnici Stati Uniti la ricchezza ha ancora oggi un colore preciso: il bianco. A metterlo nero su bianco (si perdoni il gioco di parole) è il Dipartimento del Tesoro a stelle e strisce, che ha candidamente evidenziato come il sistema fiscale favorisca i bianchi e sfavorisca neri e ispanici.
Gli americani bianchi ricevono il 92% dei benefici derivanti dalla riduzione dell’aliquota fiscale sui dividendi e sulle plusvalenze, e circa la stessa percentuale per le deduzioni delle donazioni di beneficenza e dei redditi d’impresa.
Proprio in queste settimane il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rilanciato l’idea – destinata a fallire visto che la Camera dei Rappresentanti è sotto il controllo dei repubblicani - di tagliare 3.000 miliardi di dollari di deficit grazie a un aumento delle entrate.
La proposta è che i miliardari americani (lo 0,01% della popolazione) paghino un’aliquota fiscale del 25% e che l’aliquota massima per coloro che guadagnano oltre i 400mila dollari salga dal 37% al 39,6%. Non verrebbero toccate le tasche di chi guadagna meno di 400mila dollari l’anno. Per gli investitori che guadagnano oltre il milione di dollari l’aliquota sugli investimenti a lungo termine passerebbe dal 20% al 39%.
Il piano di Biden va a toccare soprattutto i “super ricchi” ma, in generale, un’aliquota bassa avvantaggia chi ha dei risparmi da investire. Ossia i bianchi. Ad evidenziarlo su ‘Valori’ è Caterina Orsenigo che porta all’attenzione dati della Federal Reserve Bank di St. Louis: le famiglie nere e soprattutto ispaniche possiedono un quarto della ricchezza media di una famiglia bianca.
In altri termini, il sistema fiscale è iniquo a monte. C’è un razzismo endemico, visibile (i bianchi si arricchiscono più facilmente rispetto a neri e ispanici) ma difficile da superare.