Negli Stati Uniti le case farmaceutiche registrano fatturati abnormi anche grazie al fatto che il paese ha i prezzi dei farmaci più alti del mondo.
Eppure, evidenziano Brad Setser e Michael Weilandt, due economisti del Council on foreign relations (Cfr), tutto ciò non si traduce in utili che generano tasse per il fisco statunitense. Le aziende sono in perdita: nel 2023 Pfizer ha chiuso il suo bilancio negli Stati Uniti in rosso per 4,4 miliardi di dollari, AbbVie per 3,5 mld, Merck per 15,6 mld, Johnson & Johnson per 2 mld. Tra le grandi case farmaceutiche statunitensi solo Eli Lilly ha registrato utili, per quanto relativamente esigui: novecento milioni di dollari.
Setser e Weilandt sottolineano che, come tutte le multinazionali, anche le case farmaceutiche sfruttano le norme dei sistemi fiscali per far comparire i loro utili in paesi dove le tasse sono nettamente più basse o addirittura nulle. La AbbieVie, per esempio, è riuscita a concentrare le entrate assicurate dal suo redditizio farmaco Humira nelle Bermuda, dove non paga l’imposta sugli utili societari.
È per questo che nel 2023 i principali sette gruppi farmaceutici attivi negli Stati Uniti non solo non hanno pagato imposte, ma addirittura potevano vantare un credito verso il fisco di 250 milioni di dollari. E non si è trattato di un anno particolare: se si confrontano i dati del 2022 o del 2021 non ci sono differenze significative. Con l’eccezione di Pfizer, che due anni fa non è riuscita a portare fuori degli Stati Uniti gli incassi generati dal suo vaccino contro il Covid-19.
Il problema evidentemente riguarda le multinazionali di tutti i settori: Apple, per esempio, paga più tasse all’estero (in gran parte in Irlanda) che negli Stati Uniti. Secondo uno studio del Fondo monetario internazionale del 2017, gli investimenti stranieri fatti a livello globale dopo la grande crisi del 2008 non sono crollati in gran parte grazie ai capitali passati per gli snodi dell’elusione fiscale.
In tal senso la globalizzazione si sta dimostrando resistente: nonostante dazi, divieti e minacce di conflitto, le merci, i servizi e i capitali continuano a farsi strada sulle rotte globali. Alla base però ci sono fenomeni distorcenti, tra cui l’elusione fiscale delle multinazionali.