La Grecia è stata per più di un decennio il malato d’Europa e ha rischiato di uscire dalla moneta unica. Dopo la crisi del debito, il Paese è stato salvato dalla bancarotta con circa 280 miliardi di euro di prestiti arrivati dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale. Ma in cambio Atene ha dovuto promuovere riforme draconiane, sforbiciando pesantemente il livello di spesa pubblica e facendo pagare il conto perlopiù alle fasce di reddito medio-basse.
Il dramma del forte indebitamento, associato a un’economia in forte difficoltà, avevano portato le agenzie di rating ad abbassare il giudizio sui titoli governativi della Grecia a “spazzatura”. Adesso sta tornando la normalità, quantomeno da questo punto di vista.
A certificare questo trend è stata l’agenzia di rating Standard & Poor’s che nei giorni scorsi ha elevato il suo giudizio sul merito creditizio della Grecia portandolo a BBB- con outlook stabile. Adesso il Paese ellenico fa di nuovo parte del club dei creditori “affidabili”.
Ma come ha fatto la Grecia a risalire la china? La situazione è migliorata in seguito alle drastiche riforme messe in campo dai governi. Atene ha introdotto misure per stimolare l’economia, ha combattuto il sommerso e i pagamenti illeciti, ha migliorato il suo sistema fiscale. Inoltre, il Paese sta facendo i compiti a casa chiesti dalla Commissione Ue in modo da ricevere i circa 30 miliardi di euro previsti dal fondo di aiuti “Next Generation”.
In poco più di un decennio, il rapporto debito/Pil è sceso dal 212 del 2020 all’attuale 166 per cento (che resta comunque altissimo e di gran lunga il più ampio in termini percentuali a livello europeo). Ma, anche se la Borsa è in risalita e da gennaio l’indice principale di Atene ha guadagnato oltre il 35 per cento, oltre al fatto che il debito domestico è di nuovo nella lista degli acquisti, la Grecia non è d’improvviso diventata l’Eldorado.
Ad esempio, la disoccupazione giovanile è ancora elevata e oltre l’11 per cento dei greci è senza lavoro. Il Pil pro-capite è pari a circa 19mila dollari (quello italiano viaggia intorno ai 34mila, mentre quello tedesco supera i 47mila; l’anno di riferimento è il 2019; fonte: My Data Jungle).