
Il turismo è un settore chiave dell’economia italiana. Contribuisce all’incirca al 13% del Pil e si stima che nel comparto siano impiegate nel Belpaese tra 1,1 e 1,7 milioni di persone, pari a circa il 7% della forza lavoro, con rilevanti fluttuazioni stagionali e variazioni tra le province italiane.
La maggior parte dei lavori legati al turismo si concentra nel settore dei servizi, come la ristorazione e i servizi alberghieri, dove spesso non è richiesta una laurea. Infatti, meno del 7% dei lavoratori nel settore turistico possiede un titolo universitario, mentre circa un terzo non ha conseguito il diploma.
La forte crescita del turismo negli ultimi anni sia in Italia, con oltre 450 milioni di presenze nel 2024, sia a livello globale potrebbe portare molti giovani a interrogarsi sull’opportunità di investire nella propria istruzione universitaria.
In un recente studio sono esplorate queste dinamiche, analizzando l’impatto dei flussi turistici dall’estero sulle iscrizioni universitarie e sul numero di nuovi laureati a livello provinciale in Italia tra il 2010 e il 2019.
L’analisi degli effetti del turismo è stata a lungo trascurata nella letteratura economica, poiché il settore è spesso considerato marginale nelle economie avanzate e la sua valutazione presenta notevoli sfide metodologiche.
Tornando allo studio, un aumento dei flussi turistici in una provincia italiana aumenta l’occupazione nel settore turistico. Le stime indicano che un incremento di 21mila turisti, pari all’aumento medio annuo registrato a livello provinciale tra il 2010 e il 2019, genera 18 nuovi posti di lavoro nel settore.
Tuttavia, l’espansione dell’occupazione in un comparto a bassa qualifica, che raramente richiede una laurea, ha determinato un aumento del costo opportunità dell’istruzione universitaria, ossia il reddito a cui uno studente rinuncia proseguendo gli studi.
Di conseguenza, si registra una riduzione temporanea delle iscrizioni all’università di circa quattro studenti per provincia. L’effetto è particolarmente pronunciato nelle iscrizioni a corsi di materie umanistiche e scienze sociali. La ricerca evidenzia poi che la crescita del turismo riduce il numero di nuovi laureati, un fenomeno riconducibile sia alla crescita degli abbandoni universitari sia a un allungamento dei tempi di completamento degli studi.
Così lo studio evidenzia come shock economici positivi, come l’aumento dei flussi turistici, possano comportare costi inattesi. Tuttavia, la natura aggregata dei dati analizzati nella ricerca non permette di determinare se la decisione di abbandonare il percorso educativo sia ottimale o meno per gli individui coinvolti. Ciò che è certo è che i risultati contrastano con gli obiettivi strategici dell’Italia, che registra una quota di laureati nella fascia 25-34 anni inferiore di 15 punti percentuali rispetto alla media europea.