Secondo Flavio Briatore, il turismo è la più grande azienda che abbiamo in Italia. E per questo, a suo dire, meriterebbe di essere insegnato sin dalla scuola elementare. Anche qualche economista ha un’idea non troppo dissimile. “Ci sono 1,4 miliardi di cinesi e 1 mld di indiani che vogliono vedere Roma, Firenze e Venezia. Noi dobbiamo prepararci a questo. L’Italia non ha un futuro nelle biotecnologie perché purtroppo le nostre università non sono al livello, però ha un futuro enorme nel turismo. Dobbiamo prepararci per questo, non buttare via i soldi a fondo perduto”. È la ricetta espressa dall’economista Luigi Zingales alla trasmissione televisiva ‘Servizio Pubblico’ nel lontano 2012.
Ma è davvero così? Prendendo ad esempio l’anno pre-pandemico, il 2019, il valore aggiunto del turismo sull’economia italiana era stimato essere quasi 100 miliardi di euro, poco più del 6 per cento del Pil. Considerando il contributo di attività economiche che però producono beni e servizi non imputabili esclusivamente al turismo, come la ristorazione e i trasporti, è possibile stimare l’indotto del turismo intorno al 13% del Pil.
Dunque, il turismo è senza dubbio un settore importante per l’economia, ma ci sono altri rami del tessuto economico che hanno un’importanza ben superiore. Tuttavia, il punto centrale è in realtà un altro: il turismo è un settore pro-ciclico (va bene quando l’economia va bene; e lo abbiamo visto durante il Covid-19). Sarebbe più cauto fondare la propria economia su attività principalmente capaci di resistere alle fasi anti-cicliche.
In tal senso, uno spunto proviene da alcune multinazionali. Ad esempio, il gruppo Procter & Gamble è una multinazionale statunitense di beni di largo consumo con sede a Cincinnati (Ohio, Usa), che nel 2023 contava circa 107.000 dipendenti e 104 stabilimenti di produzione. L’esercizio è stato chiuso con un fatturato di 82,0 miliardi di dollari, per un utile netto di 14,7 miliardi. E cosa vende P&G? Dai detersivi alle lamette da barba, dallo shampoo al dentifricio. Prodotti a cui è difficile, se non impossibile, rinunciare.