Un’ennesima Brexit sta per per abbattersi sull’Ue. Questa volta riguarda l’agricoltura. A causa dell’uscita del Regno Unito dall’Ue e della conseguente perdita del contributo britannico, Bruxelles vedrà ridursi i fondi disponibili e l'agricoltura, che rappresenta il principale settore di spesa dell'Ue, sarà il primo a pagarne le conseguenze.
La Commissione europea, infatti, propone di passare da 408 miliardi di euro per il periodo in corso (2014-2020) a 365 miliardi di euro per il 2021-2027. Per un paese in particolare l’impatto rischia di essere rilevante. La Francia riceve 9 miliardi l'anno, seguita da Germania (6,3 mld), Spagna (6 mld), Italia (5,4 mld) e Polonia (4,5 mld). Inoltre, in Francia, la Pac rappresenta la quota più importante di aiuti provenienti da Bruxelles (62%). Una perentuale ben superiore a quella di Polonia (38%), Germania (54%), Spagna (49%) e Italia (44%).
Appare, intanto, sempre più lontano il tempo in cui gli agricoltori europei potevano contare su prezzi garantiti. A quel punto il problema era solo cercare di produrre il più possibile. Ma presto, negli anni ’80, le eccedenze esplosero e i paesi non europei gridarono alla concorrenza sleale.
Da qui ebbero origine le grandi riforme della Pac, che a partire dal 1992 hanno introdotto un adeguamento ai prezzi del mercato mondiale, a cominciare dai cereali e dalle carni bovine. All’inizio sembrava andare tutto bene: le sovvenzioni avrebbero dovuto compensare l'adeguamento dei prezzi ai mercati mondiali. In realtà andò ancora meglio visto che i prezzi globali erano all’epoca in aumento. Poi nel corso degli anni il contributo europeo è diminuito e i prezzi crollati.
Un meccanismo che ha finito per favorire la grande industria alimentare e strozzare i piccoli e medi agricoltori. Che, dunque, hanno anche meno chances di poter affrontare la costosa conversione al biologico. Infatti, la crescente tendenza registrata negli ultimi anni verso l’“organic food” è stata possibile proprio grazie al sostegno europeo.