La Commissione Europea ha proposto il dimezzamento del livello di cadmio nel riso, passando dagli attuali 0,20 ai 0,10 microgrammi per ogni kg di prodotto. Sembra una buona idea.
Ma, paradossalmente, tale decisione aumenterebbe la presenza dell’arsenico nel riso, mettendo a rischio la qualità del prodotto e la sua sicurezza. E a pagarne le conseguenze la risicoltura italiana e i consumatori.
Il punto è che i due contaminanti (arsenico e cadmio) hanno un comportamento opposto nei confronti della gestione dell’acqua: il cadmio è molto solubile e assimilabile nella pianta in condizioni di asciutta nelle risaie; l’arsenico invece quando la risaia è sommersa.
La gestione dell’acqua che hanno messo a punto i nostri risicoltori è quella di un compromesso che riduce entrambi i contaminanti cercando di avere una certa flessibilità nei limiti nell’uno o nell’altro.
Con il dimezzamento del limite i risicoltori sarebbero costretti ad aumentare l’utilizzo dell’acqua e a prolungare la sommersione. Tutto ciò comporterebbe un, inevitabile, incremento dell’arsenico.