Giorgetti sostiene che ‘l’inflazione scenderà sensibilmente nei prossimi mesi’, dopo essere salita in modo rilevante dal 2022. Ha quindi senso bloccare ora una parte dei prezzi?
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“Sebbene si preveda che il tasso di inflazione cali sensibilmente nei prossimi mesi, il forte rincaro dei prezzi dei beni e dei servizi inclusi nel paniere dei consumi, e in particolare dei generi alimentari, resta una delle principali preoccupazioni del Governo”. Lo scrive il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nella prefazione alla Nadef.
“Per questo motivo, oltre ad iniziative quali l’accordo con le categorie produttive e distributive per il ‘Trimestre Anti-Inflazione’, il governo - prosegue - ha deciso di confermare per il 2024 il taglio contributivo attuato quest’anno”.
L’iniziativa, in particolare del Trimestre Anti-Inflazione’, ha senso attuarla quando i prezzi al consumo sono segnalati in sensibile crescita da più di anno ed ora cominciano a dare dei segnali di inversione di tendenza? Un po’ come chiudere il recinto, quando i buoi sono scappati. Eppure, di esempi alternativi ce ne sono: ad esempio, i Comuni di Verona e Terni hanno dimostrato come esiste una chiara correlazione tra informazione e inflazione.
Nelle due città è stato sufficiente comunicare attraverso dei cartelli digitali installati in spazi pubblici quale fosse il tasso di inflazione per prodotto, consentendo ai consumatori di spostare la domanda su prodotti meno costosi anche se non perfettamente sostituibili tra loro. Una sorta di ‘boicottaggio’ istituzionale, particolarmente efficace: infatti, crollando la domanda, anche il prezzo dovrebbe scendere. E così è stato. Il risultato è che Verona e Terni sono tra le città dove l’inflazione ora morde meno.