La fiaba ideologica delle agenzie di rating

La fiaba ideologica delle agenzie di rating

Gli altissimi giudici di Moody’s (nei giorni scorsi, ndr) hanno graziato il governo Meloni. Per la potente agenzia di rating (statunitense, ndr), la valutazione sul debito pubblico italiano resterà ancora un pelo al di sopra dei cosiddetti titoli “spazzatura”.

Pagella tutt’altro che edificante, certo. Ma il punto politico è che risulta identica a quella che l’agenzia assegnava ai governi precedenti, incluso quello di Draghi. Per un certo modo di intendere l’opposizione si tratta di uno smacco.

Per lungo tempo ci hanno abituati alla narrazione secondo cui esisterebbero minacciose forze populiste e destrorse che scassano i conti pubblici e aizzano lo spread, e ci sarebbe per fortuna un centrosinistra a trazione tecnocratica che rimedia ai guasti finanziari e riporta il sereno sui mercati.

Tra i cantori di questa storia, qualcuno è arrivato a credere che si possa fare opposizione senza nemmeno scendere in piazza. Basta solo diffondere inquietudine al minimo aumento dei tassi d’interesse sul debito.

In Italia, questa narrazione di una disputa campale tra irresponsabili populisti e diligenti tecnocrati ha resistito per un quarto di secolo. Eppure, se ci pensiamo, è stata già molte volte seccamente smentita dai fatti.

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