I tre motivi per cui i mercati sono crollati

Il Nikkei crolla del 12% e registra il più grande calo di sempre

I tre motivi per cui i mercati sono crollati

Sedute come quella di questo 5 agosto non si vedevano dai tempi della pandemia. O dal lunedì nero del 1987. L’indice Nikkei, dopo aver perso il 5,6% venerdì scorso, lunedì mattina alla riapertura dei mercati è crollato del 12,4%. Nelle ultime tre settimane aveva perso il 26%. Ma non si è trattato di un caso isolato. Ci sono stati forti vendite sul mercato azionario globale, dagli Stati Uniti all’Europa. Sul mercato si sono così visti segnali di ‘panic selling’, di capitolazione. Un movimento che accade quando molti operatori vendono non perché vogliono vendere. Ma semplicemente perché devono. E questo è accaduto per la concatenazione di tre motivi.

Recessione

I mercati finanziari odiano l’incertezza e amano sposare le narrative prevalenti. Fino a pochi giorni fa la narrativa prevalente era quella del soft landing, ovvero dell’atterraggio morbido dell’economia statunitense. Uno scenario confermato il 31 luglio proprio dal governatore Jerome Powell nel giorno in cui ha scelto di mantenere invariato il costo del denaro al 5,5% indicando che il mercato del lavoro è ancora forte. Sono bastati però due dati macro, arrivati 24 e 48 ore dopo le parole di Powell, a rimettere in discussione la narrativa del soft landing. L’indice Ism manifatturiero di luglio è sceso a 46,6 punti, sotto le attese. Indicando che i direttori d’acquisto stanno riducendo gli ordinativi perché vedono buio all’orizzonte. Dopodiché è arrivato il dato sulla disoccupazione di luglio, impennatasi dal 4,1% al 4,3% a causa di una contrazione dei nuovi occupati saliti sotto le attese (114mila rispetto a 170mila). Al che sono scattati alcuni parametri che anticipano la recessione.

Yen

Il cambio di narrativa è coinciso cronologicamente con la decisione della Bank of Japan (1 agosto) di aumentare i tassi allo 0,25%, come non accadeva dal 2007, innescando un rimbalzo dello yen nei confronti del dollaro e delle altre principali valute. Un movimento non banale perché proprio sulla forte svalutazione dello yen degli ultimi due anni molti investitori hanno costruito delle operazioni di carry trade (in pratica ci si indebita nella valuta del Paese dove il debito costa meno e si acquistano asset in altri Paesi con rendimenti più elevati).

Liquidità

Il tutto avviene mentre le principali banche centrali stanno riducendo, anziché aumentando, la liquidità in circolazione. Tutti i mesi la Federal Reserve riduce il proprio bilancio di 60 miliardi di dollari (di cui 25 miliardi di titoli di Stato e 35 di obbligazioni ipotecarie). La People’s Bank of China ha recentemente tagliato i tassi ma è ben lontana dalle politiche espansive a cui ci aveva abituato negli ultimi anni. Anche la Bce sta riducendo il proprio bilancio.

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