La Banca d’Inghilterra è la prima banca centrale del G7 ad aumentare i tassi di interesse nell’era della pandemia (la possibilità era stata anticipata da quoted business in un articolo del 5 novembre scorso). Quella turca è invece l’unica che continua ad abbassarli pur in presenza di un’inflazione galoppante. Scelte opposte e, inevitabilmente, effetti opposti.
La Bank of England (Boe) ha portato il suo tasso di interesse principale allo 0,25% (dallo 0,10%), per la prima volta in oltre 3 anni, e ha deciso di lasciare inalterato il suo target di 895 miliardi di sterline per l’acquisto di asset. Dopo l’inaspettato annuncio la sterlina ha registrato uno scossone: la divisa britannica è salita fino a un top di 1,335 dollari sui livelli di fine novembre, mentre l’euro scende a 84,69 pence.
Al contrario, la Banca centrale turca ha tagliato il costo del denaro per il quarto mese consecutivo, portandolo dal 15 al 14%. Da settembre il tasso ufficiale è sceso di ben 5 punti percentuali. Gli effetti sulla lira turca non si sono fatti attendere: la valuta cede il 3,59% nei confronti della valuta statunitense a 15,36 per un dollaro (a settembre era a 8). La Banca centrale è da mesi allineata alle politiche del presidente Recep Tayyip Erdogan e con l’ultima decisione ha portato il costo del denaro ben 7 punti percentuali al di sotto dell’inflazione, salita oltre il 21%. Per un Paese che dipende largamente dalle importazioni per i propri consumi una svalutazione così rilevante si traduce anche in una drastica riduzione del potere d’acquisto. Si spiega così la decisione del presidente Erdogan di aumentare del 50% il salario minimo, che all’inizio del 2022 passerà da 2.826 a 4.250 lire (circa 238 euro).