Borse o casinò? Sul mercato valutario, ogni giorno, il valore delle compravendite è compreso tra 6 e 7mila miliardi di dollari. In gran parte frutto di speculazione. Complessivamente, il volume quotidiano di scambi è raddoppiato dai tempi della crisi finanziaria del 2008, secondo i dati della rivista specializzata The Full FX, rendendo il mercato completamente “artificiale”.
Un immenso castello di carte speculativo, fine a sé stesso, pericoloso e utile solo a sfruttare i mercati per incrementare i profitti di trader e colossi della finanza. Per avere un’idea più concreta, si consideri che il valore dell’import-export mondiale è di soli 28.500 mld all’anno.
Il mercato valutario è concentrato per circa l’80% solamente su sette piazze finanziarie: Londra, New York, Singapore, Hong Kong, Tokyo, Toronto e Sydney. E a fagocitare il 44% degli scambi valutari sono cinque colossi, secondo la classifica di Euromoney relativa al 2021.
E se a dominare sono le banche Deutsche Bank, UBS e JPMorgan – rispettivamente tedesca, svizzera e statunitense – ad erodere l’oligopolio sono i giganti del trading (è il caso, ad esempio, di XTX Markets et Jump Trading). Con un ricorso massiccio all’high-frequency trading. Ovvero software in grado di sostituire i trader umani ed effettuare migliaia di transazioni ogni ora. Guadagnando anche sulla più piccola oscillazione di prezzo.
Una turbofinanza sempre più distante dall’economia reale, e autoreferenziale. Un’immensa giostra a vantaggio di pochi e a rischio per tutti, ma i regolatori internazionali, governi e istituzioni sovranazionali ancora si rifiutano di provare a tamponare.