L’inflazione, nelle economie avanzate, continua ad aumentare più lentamente di quanto auspicato dai banchieri centrali di mezzo mondo. Nell’Eurozona, ad esempio, l’inflazione core (che esclude i prezzi volatili dell’energia e dei prodotti alimentari) si attesta all’1% circa su base annua e i mercati prevedono che rimarrà a questo livello, in media, per il prossimo decennio.
Per la Bce è troppo bassa, anzi del tutto inaccettabile. L’obiettivo di Francoforte, ma anche della Fed e della Banca centrale giapponese, è il 2%. E sebbene l'inflazione sia inferiore, la disoccupazione continua a scendere ai minimi storici.
Alla luce di tutto ciò è difficile capire perché la Bce sia così ossessionata dal livello dei prezzi al consumo. Sì, la crescita si è indebolita negli ultimi trimestri e i rischi di una brusca frenata a livello globale sono in aumento. Ma attuare politiche monetarie ancora più espansive, in questa fase, non riuscirà a stimolare la domanda e guidare l’inflazione.
Ecco perché, secondo l’economista Daniel Gros, questa sorta di iper-vigilanza sull’inflazione da parte della Bce è fuoriluogo e non servirà a far risalire i prezzi.