Riportiamo alcuni passaggi dell’articolo di Alessandro Messina, Direttore Generale di Banca Etica, pubblicato su sbilanciamoci.info
Il mondo è sempre più indebitato, ma ampie fette della popolazione, quelle che più ne avrebbero necessità, non ricevono credito. Secondo i dati della Banca d’Italia, negli ultimi dieci anni ammontano a 260 miliardi di euro i crediti “sottratti” al comparto delle piccole imprese. Eppure le banche centrali non hanno mai avuto politiche espansive come in questa fase storica e continuano a iniettare grandi quantità di denaro nei mercati. Perché queste risorse non arrivano a persone e imprese?
Stanno venendo al pettine i nodi cruciali della finanza degli ultimi trent’anni: la sua ormai dominante autoreferenzialità (fare soldi coi soldi), la sua sinteticità (investire, o meglio scommettere, su titoli, i derivati, che non rappresentano né beni né servizi reali, ma solo algoritmi spesso incomprensibili), il suo grado di automazione e di velocizzazione (high frequency trading). Ebbene tali nodi, resi evidenti con la crisi Lehman e tuttora irrisolti nonostante le tante riflessioni sul tema e – in ambito regolamentare – la conseguente ipertrofia normativa, oggi continuano a dominare la scena.
L’esito è che i soldi ci sono, sono tanti, ma non arrivano alle persone e alle imprese, non sostengono gli investimenti, non creano occupazione, non promuovono il cambiamento necessario nei paradigmi sociali e produttivi, non favoriscono in modo adeguato quella conversione ecologica su cui già siamo in forte ritardo. La finanza non sta svolgendo più, non in modo sufficiente, la sua funzione redistributiva.
La Banca centrale europea ha stampato centinaia di miliardi di euro dopo il 2011. Le cose non sono così semplici. Quei soldi sono andati alle banche, che non li hanno trasmessi all’economia reale come avrebbero potuto, perché come si è visto il credito ormai per una banca è poco conveniente. Ma va tenuto presente che con quei soldi le banche hanno potuto continuare ad acquistare titoli di stato dei paesi più fragili (tra essi Italia e Spagna) e tenuto in piedi i propri conti economici, evitando così ulteriori crisi bancarie e le gravi conseguenze che da esse discendono (perdita di risparmi, pensioni, investimenti).
La tendenza generale è però innegabile: le forze della finanza stanno spingendo nella direzione sbagliata, e le istituzioni democratiche che negli ultimi due secoli le hanno governate non possiedono più la cultura, la visione, la capacità di opposizione che sarebbero necessarie per riequilibrare il piano di gioco.
Per questo la pandemia offre una grande occasione. Uno shock macroeconomico di questa portata consente di resettare equilibri consolidati, dunque riprendere a governare l’economia e – sì, certo – anche e soprattutto la finanza.