Ma c’è una novità: con l'eccezione della Grecia, anche i paesi europei più deboli stanno evidenziando eccedenze delle partite correnti, ciò significa che stanno rimborsando il loro debito estero. Questo vale anche per l'Italia che, nonostante l’alto debito pubblico, sta gestendo un surplus delle partite correnti a livello aggregato.
In queste condizioni un aumento generalizzato dei tassi non sarebbe necessariamente negativo per il paese. Il governo italiano dovrebbe affrontare maggiori costi del servizio del debito, ma i cittadini otterrebbero un rendimento dai loro risparmi. Spagna e Portogallo, al contrario, probabilmente pagherebbero dazio a causa dei loro squilibri commerciali.
Al di là dei singoli casi nazionali, i paesi aderenti alla eurozona potrebbero diventare tutti creditori se la ripresa si mantiene su questi livelli per qualche anno. In un tal contesto serve ancora un Fondo monetario europeo di cui tanto si parla? Invece di cercare di copiare l’Fmi, i leader europei dovrebbero piuttosto concentrarsi sul rafforzamento della resilienza del sistema finanziario, in modo che possa fornire una valvola di sfogo alle eventuali pressioni derivanti dall'accumulo di eccessivo debito pubblico in alcuni paesi dell’eurozona. Se si verificasse un’altra crisi sarebbe preferibile prevenire il contagio all'interno del sistema finanziario europeo piuttosto che fornire prestiti a paesi con profondi problemi interni.
Dopo un decennio di difficoltà, l'eurozona è ora un'isola di relativa stabilità in un mare turbolento. Per garantire che rimanga tale, i suoi leader devono tenere a mente che i problemi interni dei paesi non si potranno mai risolvere con un prestito o trasferimento di risorse dall'estero.