La Banca centrale europea rallenta gli acquisti di titoli. Le condizioni di finanziamento, che rappresentano in questa fase la bussola della politica monetaria di Eurolandia, potranno essere mantenute a un livello appropriato con un ritmo di acquisti netti di titoli più lento di quello realizzato nel secondo e nel terzo trimestre, quando invece la Bce aveva ritenuto necessario accelerarli rispetto al primo trimestre 2021. La decisione era attesa dai mercati. Soprattutto, non è un tapering, un programma di azzeramento che avrebbe preoccupato i mercati.
“Il lavoro non è finito”, ha spiegato in ogni caso Lagarde (riferendosi ovviamente all’obiettivo prioritario di inflazione), e questo spiega perché non è stato annunciato un tapering. Le pressioni sui prezzi, al di là dei fattori temporanei, stanno aumentando solo gradualmente. La ripresa è risultata più forte del previsto, anche se richiede ancora un ampio stimolo monetario e fiscale, visto che Eurolandia non è ancora tornata ai livelli pre-crisi e ancora due milioni di posti di lavoro mancano all’appello. Le nuove proiezioni indicano una crescita del pil del 5% quest’anno, del 4,6% il prossimo e del 2,1% nel 2023.
La dinamica dell’inflazione, inoltre, consente di mantenere una politica monetaria ultraespansiva. L’incremento dell’inflazione è puramente temporaneo e la dinamica dei prezzi tornerà presto sotto tono, così come lontani dall’obiettivo del 2% sono le aspettative di inflazione di lungo periodo. Pur riviste al rialzo, le proiezioni puntano a un’inflazione media del 2,2% quest’anno, dell’1,7% nel 2022, e dell’1,5% nel 2023. L’inflazione core, che esclude energia e alimentari, potrà essere pari all’1,3% quest’anno, all’1,4% nel 2022 e all’1,5% nel 2022.
La Bce non vede inoltre, all’orizzonte, i temuti ‘second round effects’ che possono derivare da aumenti dei prezzi legati all’offerta, come quelli attuali, generati soprattutto dalle strozzature nelle forniture.