I due ad, Christian Sewing (Deutsche) e Martin Zielke (Commerz), hanno concordato una dichiarazione comune: "Ha avuto senso esaminare questa opzione di un consolidamento tedesco. Ma per noi era chiaro, sin dall'inizio, che l'operazione avrebbe dovuto migliorare e rendere più stabile il guadagno per i nostri azionisti e ottimizzare i servizi per la nostra clientela". Ovvero, la fusione avrebbe creato ulteriori rischi (le due banche sono entrambe in difficoltà) e costi, che non sarebbero stati compensati dai potenziali benefici.
La fusione era stata annunciata dal ministro delle Finanze Olaf Scholz – il governo tedesco detiene una quota del 15% in Commerzbank. Tuttavia, i due istituti di credito hanno entrambi un cost/ratio, un rapporto tra costi e rendimenti, decisamente modesto: oscilla tra 80 (Commerz) e 93 (Deutsche). Quest’ultima, che è anche la prima banca europea, soltanto nel 2018 ha segnato il primo utile, che mancava dal 2014.
E, poi, era emersa non soltanto l’opposizione dei sindacati in vista dei consistenti licenziamenti, ma anche quella di azionisti importanti come il Qatar e il fondo cinese Hna.