Il tasso di inflazione su base annuale in Argentina è ai massimi da tre decenni: ha superato il 100% per la prima volta dal 1991. Secondo l’Indec, l’Istat argentino, i prezzi sono aumentati del 6,6% a febbraio, portando il dato su 12 mesi al 102,5%. Nel corso del 2022 hanno fatto peggio solo quattro paesi: Zimbabwe, Libano, Venezuela e Siria.
Eppure uno schema di controllo dei prezzi statale noto come ‘precios justos’ (prezzi equi) ha temporaneamente congelato il costo di oltre 1.700 beni fino a dicembre. Ma ciò non è bastato a contenere l’incremento dei prezzi, visti i gravi squilibri dell’economia argentina.
Nei giorni scorsi, intanto, il Fondo Monetario Internazionale ha invitato l’esecutivo argentino, guidato dall’amministrazione di centro-sinistra del presidente Alberto Fernández, a compiere sforzi maggiori per affrontare il problema dell’inflazione, al fine di mantenere il suo programma da 44 miliardi di dollari siglato con l’Fmi.
Buenos Aires ha esercitato pressioni per abbassare il livello di diversi obiettivi concordati con il Fondo l’anno scorso, chiedendo al consiglio esecutivo di essere più indulgente a causa della guerra in Ucraina e delle condizioni climatiche estreme. Quest’ultime stanno mettendo in ginocchio un settore importante per il paese sudamericano: l’agricoltura e l’allevamento.