La Fed taglia per la seconda volta consecutiva i tassi di interesse, questa volta del 25%, portandoli tra il 4,50% e il 4,75%. A settembre la riduzione era stata di 50 punti base, la prima dopo quattro anni.
E Powell lancia un chiaro messaggio: la vittoria di Trump non cambia la traiettoria della Banca Centrale Usa, che resterà ancora restrittiva nonostante il taglio di oggi.
Anzi, “se Trump mi chiedesse di andarmene? Non me ne andrei”, ha detto rispondendo a una domanda. Come a dire che ha ancora molto da fare per domare l’inflazione.
L’allentamento è stato deciso all’unanimità dal Federal Open Market Committee, il direttorio della Banca Centrale Usa, dopo che gli indicatori hanno registrato un solido miglioramento dell’economia statunitense.
Il tasso di disoccupazione infatti è aumentato, pur rimanendo basso, mentre il tasso d’inflazione, ancora pur alto, ha fatto progressi verso l’obiettivo del 2%. A settembre il costo della vita era aumentato più delle attese: +0,2% su base mensile e +2,4% su base annua.
I tassi di interesse negli Stati Uniti erano stati abbassati allo 0-0,25%, nel marzo del 2020, per combattere gli effetti negativi della pandemia di coronavirus sull’economia statunitense, e poi progressivamente alzati. Dal marzo 2022, si erano susseguiti 11 rialzi dei tassi in 16 mesi, fino a raggiungere il 5,25%-5,50%, il livello più alto dal 2001, dove erano stati mantenuti per 14 mesi.
La decisione della Federal Reserve di iniziare a tagliare i tassi a settembre - dopo averli portati ai massimi di 20 anni l’anno scorso - è arrivata nel contesto di una crescente evidenza che l’emergenza inflazione negli Stati Uniti è finita. Ma per molti elettori, il peso dell'aumento del costo della vita si è rivelato determinante.