L’inflazione è alta e non è più “temporanea”. I tassi resteranno però bassi, allo 0-0,25%, fino a quando il tasso di disoccupazione non tornerà a livelli coerenti con la definizione - non esplicitata però in un target - di massima occupazione. È questo il messaggio principale del comunicato pubblicato dalla Federal Reserve alla fine della riunione di dicembre, ma questo non significa che non ci sarà una stretta o che non è vicina.
Secondo la Fed, l’inflazione si attesterà al 2,6% l’anno prossimo, rispetto al 2,2% previsto a settembre, e il tasso di disoccupazione scenderà al 3,5%. Il tasso di interesse (di riferimento) dovrebbe salire intorno all’1% entro il 2022, per poi lievitare all’1,6% nel 2023 e al 2,1% nel 2024.
Accelera inoltre il tapering: gli acquisti di titoli di Stato saranno ridotti, da gennaio, di 20 miliardi di dollari al mese, e quelli di mortgage-backed securities di altri 10 mld, per calare rispettivamente a 40 e 20 mld.
La riduzione degli acquisti continuerà con questo ritmo, che è doppio di quello deciso a inizio novembre: a marzo raggiungeranno quota zero.