La Federal Reserve vara un nuovo aumento dei tassi dello 0,75%. Era proprio questa l’attesa del mercato. Si tratta del quarto consecutivo di questa taglia, per portare il riferimento al 3,75-4%: il livello più alto dal 2008.
Ma nel comunicato la Fed sembra guardare avanti: “Nel determinare il ritmo dei futuri aumenti nell’intervallo target, il comitato terrà conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influisce sull’attività economica e sull’inflazione e degli sviluppi economici e finanziari”.
Un segnale che la fase dei maxi-rialzi potrebbe esser giunta al termine, anche se l’inflazione resta troppo elevata: il livello dei prezzi al consumo infatti non sta certo dando quei segnali inequivocabili di rallentamento verso l’obiettivo del 2% che la Fed aspetta per mollare le strette.
Alla fine, la riunione della Fed (del 2 novembre) ha creato più confusione che altro, dando segnali contrastanti sulle future mosse. Il comunicato (come detto) sembrava segnalare rialzi dei tassi più cauti in futuro (come sperato dai mercati), mentre in conferenza stampa il presidente Jerome Powell ha utilizzato termini meno rassicuranti in questo senso (“Il tetto massimo non è stato ancora raggiunto”). Abbastanza per far agitare i mercati finanziari.