Addio contante. La continua trasformazione dei metodi di pagamento è destinata a modificare il panorama economico globale. Il Giappone è tra i paesi più preoccupati visto che il cash è il mezzo di pagamento più diffuso. Il timore, ora, è che questa tradizione nipponica possa ridurre la crescita potenziale.
Effettuare pagamenti, ad esempio, con lo smartphone è ormai diventato all'ordine del giorno in molti paesi, ma non nella terza economia al mondo. C'è anche chi ha risolto il problema alla radice, o meglio sottopelle, visto che si sta diffondendo anche l'inserimento di un chip impiantato nella mano dell'utente.
Persino in Kenya i pagamenti basati sui dispositivi mobili hanno raggiunto il 40% del prodotto interno lordo del paese. Anche la Svezia si è mossa e ha usato la crisi finanziaria degli anni '90 per disincentivare l’utilizzo del contante. Swish, un sistema di pagamento mobile lanciato congiuntamente dalle principali banche del paese nel 2012, è stato adottato dal 60% degli svedesi.
Secondo Moody's Analytics la crescita nell'uso dei pagamenti elettronici dal 2011 al 2015 ha aumentato il Pil mondiale dello 0,1% e la spesa delle famiglie dello 0,4%, oltre ad aver creato una media di 2,6 milioni di posti di lavoro l'anno in quell'arco di tempo.
Gli impatti economici della transizione ai pagamenti cash-less sono di ampia portata a cominciare dai costi associati al trasporto e alla gestione del contante. La transizione può, inoltre, aumentare l'efficacia della politica monetaria, oltre a collegare miliardi di persone e promuovere l’inclusione finanziaria. Per questi motivi i governi si stanno orientando verso misure sempre più restrittive sull'uso del contante. Il Giappone è tra le eccezioni.
Il ritardo nipponico verso un’economia cashless è confermato anche dall'elevato rapporto tra il denaro contante in circolazione e il Pil nominale. I bancomat che affollano le strade giapponesi continueranno ancora per molto ad attendere impavidi i loro numerosi clienti.