La Russia ha onorato una tranche di 650 milioni di dollari di interessi sul proprio debito pubblico in valuta statunitense, invece che in rubli. La guerra finanziaria prosegue di pari passo con quella fatta di armi e cannoni.
Se sul terreno la superiorità delle forze russe, rivista la strategia e gli obiettivi tattici, comincia a fare la differenza a vantaggio di Mosca, in campo finanziario lo strapotere occidentale (in particolare statunitense) resta per ora incontrastato. Ad attestarlo la mossa estrema della Russia registrata il 4 maggio, a poche ore dalla scadenza ultima (quella scadenza originaria era il 4 aprile; con il consueto periodo ‘di grazia’ di un mese concesso per regolare i conti si arriva appunto al 4 maggio).
L’eventuale scelta russa di corrispondere il dovuto in rubli anziché in dollari (come da obblighi), ventilato dal Cremlino nelle scorse settimane, avrebbe mandato la Russia in default tecnico, rendendola formalmente insolvente di fronte ai mercati, pur avendo di fatto le risorse per pagare. Uno scenario che avrebbe fatto scattare il declassamento delle agenzie di rating (le principali sono tutte statunitensi) con conseguente aumento del premio di rischio sulle nuove emissioni e soprattutto difficoltà consistenti nel collocare le obbligazioni statali presso gli investitori esteri. Questo round sembra dunque essere andato a favore di Washington. Vedremo il prossimo.