Mentre la riunione del G7 in Canada nello scorso weekend terminava tra il nervosismo dei partecipanti, con Donald Trump che dava del "disonesto e debole" al presidente canadese, Justin Trudeau, da un'altra parte del mondo qualcuno sorrideva.
Vladimir Putin e Xi Jinping sono apparsi davanti alle telecamere come due grandi, vecchi, amici. In questo clima i due leader hanno condotto – insieme a India, Pakistan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan – lo Shanghai Cooperation Organization nella città cinese di Qingdao.
Una sorta di G8 alternativo, ma che potrebbe diventare presto protagonista sulla scena mondiale, come ha lasciato intendere il presidente della seconda economia al mondo, la Cina, quando ha spiegato che "l'unilateralismo, il protezionismo commerciale e una reazione alla globalizzazione stanno assumendo nuove forme".
Ciò conferma che una parte del mondo, quella che sta calamitando progressivamente sempre più capitali, ha capito di poter fare a meno degli Stati Uniti. La Russia e la Cina stanno facendo di tutto per spostare definitivamente l’asse del capitalismo mondiale ad est dell’atlantico, molto più ad est.
Eppure il complicato rapporto tra Washington e Mosca aveva preso una piega inaspettata al G7 in Canada, quando il presidente Trump aveva espresso il desiderio di invitare la Russia al tavolo e tornare al formato G8. Proposta, poi, respinta al mittente dal diretto interessato. Adesso il mondo che conta guarda a oriente e se proprio deve buttare l’occhio a occidente, punta lo sguardo più in basso, verso l’Africa, la sua terra di conquista. L'Europa rischia di restare fuori dai giochi, ammesso che sia ancora in tempo per rientrare in campo.