In pochi giorni e con quattro mosse, Recep Tayyip Erdogan si è guadagnato la scena europea e internazionale. Lo ha fatto a modo suo, con una serie di atti di forza, conditi con un apparente tentativo di ‘riconciliazione’ con l’Ue
Innanzitutto, la Turchia ha deciso di abbandonare la Convenzione di Istanbul del 2011. Si tratta del primo trattato vincolante per prevenire e combattere la violenza sulle donne. Erdogan aveva parlato per la prima volta di abbandonare la Convenzione lo scorso anno, nel tentativo di mobilitare il suo elettorato conservatore di fronte alle crescenti difficoltà economiche.
Negli stessi giorni si è verificato un nuovo atto di bullismo contro i curdi. L’aviazione turca ha condotto martedì sera dei raid aerei su una zona controllata dalle milizie curde nel nord della Siria (precisamente nel villaggio di Saida), i primi da 17 mesi. Lo ha denunciato l’Osservatorio siriano dei diritti umani.
C’è stato poi il licenziamento del governatore della Banca centrale turca, Naci Agbal, nominato lo scorso 7 novembre e sostituito con l’ex parlamentare del partito Akp (quello del presidente), Sahap Kavcioglu. È la terza volta in 21 mesi che la Banca centrale di Ankara cambia vertice. Erdogan prova così a prendere il controllo della Banca centrale. Intanto l’economia è sempre più in crisi: l’inflazione è al 16% e i tassi di interesse al 19%.
Oltre a tutto ciò, Erdogan si è anche concesso una videoconferenza con Charles Michel e Ursula von der Leyen, presidenti, rispettivamente, del Consiglio europeo e della Commissione europea. “Si è discusso della situazione nel Mediterraneo orientale, compresi gli imminenti colloqui per una soluzione a Cipro, e lo stato di avanzamento delle relazioni Ue-Turchia – spiega una nota di Bruxelles -. L’Ue ha sottolineato l’importanza di una riduzione sostenuta dell’escalation e di un ulteriore rafforzamento della fiducia per consentire un’agenda più positiva. I presidenti hanno inoltre proceduto a uno scambio di opinioni sulla situazione dei rifugiati siriani ospitati in Turchia, nonché sulla più ampia situazione regionale, comprese la Libia e la Siria”.