Il 10 luglio, a poco più di ottant'anni dall'inizio della sua gloriosa storia, Volkswagen nella fabbrica messicana di Puebla, sforna l'ultimo esemplare dell'automobile che ha segnato la storia. Esce di scena quel Maggiolino che è riuscito ad essere l’auto simbolo degli anni Quaranta, Cinquanta, Sessanta. Ma anche Settanta, Ottanta e Novanta e del nuovo millennio rimanendo sulla breccia per più di 80 anni.
Il Maggiolino è stato prodotto in quasi 22 milioni di esemplari. E non solo dal punto di vista automobilistico, ma anche da quello sociale. Un successo dovuto a due colpi di genio del suo inventore Ferdinand Porsche: motore posteriore boxer raffreddato ad aria e trazione posteriore.
Pianale portante e uno spazio enorme per pilota e passeggeri. Siamo in pieno Reich nazista ma anche se Hitler vuole l’auto del popolo, il Maggiolino deve la sua straordinaria longevità e modernità non ai nazisti ma alla genialità del suo progettista. Per il design, per la meccanica. Per il popolo: di fatto nasce la prima vera auto per tutti. È vero, Hitler fa edificare una fabbrica apposita, in Bassa Sassonia, e una città intorno, la futura Wolfsburg, non lontana da Hannover. È il 1938, nasce la Volkswagen. Ma sono i tempi (bui) della Germania, e il Maggiolino in questo inferno costituisce un raggio di luce.
Ma torniamo ai numeri. Il 5 agosto del 1955, dopo appena 10 anni di vita, il Maggiolino sfoggia subito il primo milione di auto prodotte e attira l’attenzione della Walt Disney che nel 1968 con il film americano "Herbie, il Maggiolino tutto matto", lo rende ancora più famoso, con una saga che prosegue fino al 2005.
La febbre da Maggiolino sale ma la Golf è alle porte e nel 1974 dopo trent’anni di trionfi, l’ultima auto lascia la catena di montaggio dello stabilimento originale per spostarsi a Bruxelles e oltreoceano. Nel 1981 la produzione è delocalizzata in Messico dove, nel 1992, si tocca il picco di venti milioni di esemplari prodotti.
Poi Volkswagen sforna altri due nuovi modelli nel 1998 e 2011, prima dell’oblio.