Nella crisi dell'auto c'è una luce che brilla: è Aston Martin. Entro l'anno il debutto alla Borsa di Londra

Dopo esser riuscita ad aumentare ricavi e utili, la casa automobilistica fondata nel 1913 debutterà presto alla Borsa di Londra. E la Brexit non preoccupa

Nella crisi dell'auto c'è una luce che brilla: è Aston Martin
Aston Martin Cobra

La casa automobilistica preferita da James Bond viene fondata nel 1913 in un piccolo laboratorio londinese dall'ingegnere Robert Bamford e dall'appassionato di macchine Lionel Martin. La denominazione "Aston Martin" arriva un anno più tardi, dopo il primo test di un prototipo sulla pista Aston Hill Climb nel Buckinghamshire.

Partecipa al Gran Premio di Francia del 1922, ma negli anni successivi l'azienda va in difficoltà e viene salvata nel 1926 da un gruppo di investitori. Arriva, poi, la 24 Ore di Le Mans nel 1928 e, poco dopo, la produzione di vetture stradali viene intensificata fino al picco di 140 auto costruite nel 1937 – il numero più alto prima della guerra.

L'industriale inglese David Brown acquista l'azienda nel 1947. Quindi, la svolta. Nel 1963 entra in produzione il modello DB5 e, dopo un solo anno, comincia il fortunato rapporto con James Bond. Sean Connery guida una DB5 nel film Goldfinger. Ne seguono tanti altri, come GoldenEye, Tomorrow Never Dies e Skyfall.

Nel 1987 Ford acquisisce il 75% del capitale. Ma dieci anni dopo, nel 2007, Aston Martin è nuovamente venduta, questa volta a due società di investimento del Kuwait, Investment Dar e Adeem Investment, per quasi 1 miliardo di sterline. E rinasce.

Nel primo semestre del 2018 i ricavi sono aumentati dell'8% a 445 milioni di sterline, mentre gli utili lordi sono saliti del 2,5% a 20,8 mln. La casa automobilistica conta di raddoppiare entro il 2019 la produzione a 14 mila veicoli l'anno. E può puntare su una clientela di nicchia ma globale. Lo sbocco principale resta il Regno Unito con il 30% delle vendite, seguito da Ue (25%), macroregione Asia-Pacifico (24%) e Stati Uniti (20%).

È proprio la presenza sul mercato globale ad aver "vaccinato" l’azienda dai dazi e anche per questo Aston Martin ritiene che la Brexit non avrà un impatto significativo sui conti della società. In realtà il produttore di auto di lusso importa circa 2/3 dei componenti dall'Ue, mentre la quota restante proviene dal Regno Unito.

Il vento, tuttavia, tira comunque a favore. E così, dopo esser fallita sette volte da quando è stata fondata, arriva ora la ciliegina sulla torta. L’amministratore delegato, Andy Palmer, ha prima riportato l’azienda in utile e, quindi, messo in programma il debutto sul mercato azionario alla Borsa di Londra per la fine di quest'anno. E sarà un successo se, come sembra, la prima offerta pubblica dovesse valutare l'azienda 5 miliardi di sterline.

Una storia in controtendenza in un mercato, quello britannico, che nel tempo ha progressivamente perso quote a livello globale dopo i fasti del passato. Nel 1958 il Regno Unito era il secondo produttore di auto al mondo, ma nel 2008 era già sceso alla dodicesima posizione. Oggi, molti tra i marchi più importanti hanno proprietari esteri, come Bmw (Mini & Rolls-Royce), Tata (Jaguar e Land Rover) e VW (Bentley). Proprio come Aston Martin.

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