In questi giorni due ministri degli esteri rivali sono in Europa: uno viene da Pechino, l’altro da Taipei. Il ministro cinese Wang Yi (che rappresenta il numero uno cinese Xi Jinping al vertice del G20 di Roma) ha visitato Atene, dove la Cina ha acquistato il porto del Pireo, e poi Belgrado (la Serbia è un paese chiave nel progetto di investimenti cinese).
Inaspettata è invece la visita del capo della diplomazia taiwanese Joseph Wu in Repubblica Ceca e Slovacchia. Il viaggio di Wu costituisce il tentativo taiwanese di alimentare la propria immagine nello scenario internazionale. Al contempo una delegazione economica taiwanese si trova in Lituania. Il che ci ricorda che Taiwan – oltre a ricoprire un ruolo chiave nell’economia globale - è al centro della nuova guerra fredda sino-americana.
L’Europa è divisa tra un gruppo di paesi destinatari degli investimenti della nuova via della seta, un altro gruppo che critica la Cina e infine un terzo gruppo di paesi (tra i quali Francia e Germania) che cerca una ‘terza via’, né allineata sulle posizioni di Washington né compiacente nei confronti di Pechino. Ma quest’ultima è una strada tortuosa visto la progressiva radicalizzazione delle posizioni.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che il suo paese difenderebbe Taiwan in caso di aggressione cinese, mentre la presidente della ‘provincia ribelle’ ha confermato la presenza di soldati statunitensi sull’isola per addestrare le truppe locali. Questo è solo l’inizio. Lo scontro esistenziale rischia seriamente di scuotere i rapporti internazionali nei prossimi anni.