Mentre Mosca afferma che dai colloqui dei giorni scorsi è emerso che Russia e Occidente restano su “posizioni opposte”, il Cremlino sarebbe pronto a spostare le sue armi nucleari posizionandole non lontano dalle coste statunitensi, evocando così uno scenario che ricorda la crisi dei missili a Cuba del 1962. A rivelarlo è il New York Times, secondo cui la possibilità sarebbe stata ventilata da funzionari russi proprio a margine delle trattative fra Mosca e i Paesi occidentali nel caso le richieste e le rassicurazioni sull’Ucraina volute da Vladimir Putin non venissero soddisfatte.
“Alcuni funzionari russi hanno suggerito che potrebbe perseguire gli interessi di sicurezza di Mosca in modalità” diverse: «Ci sono state allusioni, mai esplicitate, al fatto che le armi nucleari potrebbero essere spostate”, afferma il Nyt, aggiungendo che ad avanzare “questo approccio” sarebbe stato proprio Putin, minacciando una risposta inaspettata se l’Occidente avesse superato la “linea rossa”, ovvero lo schieramento della Nato alle sue porte. Lo scorso novembre infatti Putin aveva suggerito che la Russia avrebbe potuto dispiegare missili sottomarini ipersonici a una distanza da poter colpire Washington. Il leader della Federazione russa ha più volte ripetuto che la prospettiva di un’espansione militare occidentale in Ucraina pone un inaccettabile rischio perché potrebbe essere usata per lanciare attacchi nucleari contro Mosca con solo pochi minuti di avvertimento.
Al di là delle minacce la tensione al confine ucraino resta alle stelle. Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha in sostanza bollato come un nulla di fatto i recenti colloqui con i Paesi occidentali che temono un’invasione russa alle porte dell'Ue, alla quale Washington sarebbe pronta a rispondere dando sostegno a un’eventuale rivolta degli ucraini.