La data del 31 ottobre si avvicina. E spaventa anche i paesi africani che esportano nel Regno Unito e che ora si trovano in un limbo. Se l'uscita di Londra dall'Ue sarà senza accordo, (anche) gli Stati africani perderanno il loro accesso preferenziale al mercato britannico, fino ad ora regolato e facilitato dalle norme previste da Bruxelles. Il nuovo scenario prevede una competizione diretta con altri giganti globali, come Cina e Brasile, i cui prodotti sono più "economici"di quelli africani. Per evitare tale nefasta prospettiva, ogni paese dovrà siglare un nuovo accordo con Londra.
A rischiare di più sono Ghana, Camerun, Marocco, Tunisia ed Egitto. Ma per qualcuno potrebbe invece rivelarsi un vantaggio. Il Sud Africa, ad esempio. L'ex colonia britannica potrebbe cominciare ad esportare le proprie arance. Oggi, per proteggere la produzione in Spagna e in Italia, l'Ue vieta l'importazione di arance "maculate" (con piccole macchie nere). È improbabile che la Gran Bretagna sia interessata a mantenere questa regola dopo la Brexit.
Anche il Regno Unito potrebbe trarre qualche vantaggio, qualora riuscisse a siglare un accordo di libero scambio con l'Unione Africana, che raggruppa cinquantaquattro stati del continente. Tuttavia, il commercio tra Gran Bretagna e Africa rimane modesto. Il paese acquista principalmente olio, pietre preziose e frutta fresca. Ma Francia, Germania e Italia esportano in Africa più del doppio delle merci rispetto al Regno Unito. Perfino la Spagna, la cui economia è due volte più piccola di quella di Londra, esporta di più.
Ecco perché, dopo la Brexit, il Regno Unito sarà principalmente interessato ad attori globali come Stati Uniti, Canada, Australia e Sudafrica. Il resto dei paesi africani dovranno attendere.