Sono ben 143 i prodotti europei che possono essere ora esportati in Canada protetti da un’indicazione geografica e liberi da dazi. Lo prevede il recente accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada (Ceta), che invece non fornisce alcuna tutela per i prodotti canadesi esportati nell’Ue.
Con 41 indicazioni geografiche protette, che vanno dai vini ai prosciutti, ai formaggi, l’Italia – che vanta 291 denominazioni - è il primo paese europeo in termini assoluti a beneficiare dell’accordo. Anche perché quei 41 prodotti rappresentano oltre il 90% dell’export italiano verso il Nord-America. Ma è pur vero che quel 90% è perlopiù costituito dalla grande industria. Mentre le Pmi restano penalizzate. Da qui le numerose manifestazioni di protesta contro l'accordo.
È, tuttavia, altrettanto vero che siamo in una fase dominata dal tentativo di sostituire le regole internazionali mutualmente concordate con la "politica di potenza", in cui vince il più forte. Come dimostra la mossa di Trump di voler cercare un rapporto con Xi Jinping e Vladimir Putin, dopo aver creato un qualche tipo di incidente (per esempio, dazi e Siria) per obbligare gli interlocutori a sedersi al tavolo.
Se prevale la logica di potenza l’Europa è destinata a perdere. E l’Italia con essa, perché dall'Ue dipende in termini di politica commerciale e se anche fosse indipendente risulterebbe troppo piccola rispetto al peso economico e militare degli altri interlocutori seduti al tavolo. Uguale sorte toccherebbe ad altri membri del G7 come Giappone, Canada e Regno Unito.
Da questo punto di vista il Ceta è un buon accordo per l’Ue e rappresenta, al contempo, un modello politico di integrazione economica avanzata. Oltre al sistema di regole che tutela le indicazioni geografiche, l’accordo prevede una serie di elementi innovativi. Tra questi, la definizione comune di standard avanzati di sicurezza, il mutuo riconoscimento nel campo delle professioni, la protezione dei dati individuali, la tutela giuridica dei contenziosi tra imprese e Stati, il mantenimento degli obblighi assunti dall’Ue e dal Canada in materia di diritti dei lavoratori e di protezione dell’ambiente. Sono tutte caratteristiche che sembrano individuare all'orizzonte un modello avanzato di gestione della globalizzazione. Ma quella macchia che vede favorire la grande industria su tutto il resto pesa.