Bye Bye sanzioni. Il Governo salva la raffineria russa Lukoil

Il complesso di Priolo (Siracusa) è ritenuto strategico e indispensabile per garantire all’Italia le forniture necessarie

Bye Bye sanzioni. Il Governo salva la raffineria russa Lukoil

Amministrazione fiduciaria temporanea al fine di assicurare la continuità produttiva e la sicurezza degli approvvigionamenti. È questa la soluzione uscita dal Consiglio dei ministri per salvare la raffineria siciliana Isab-Lukoil di Priolo, ritenuta indispensabile per garantire all’Italia le forniture necessarie. La strategia per mettere in sicurezza il complesso di Priolo e scongiurarne la chiusura è stata messa definitivamente a punto nelle ultime ore ed è confluita nel decreto ‘Misure urgenti a tutela dell’interesse nazionale nei settori produttivi strategici’, approvato dal governo.

Tra le altre ipotesi circolate nei giorni scorsi c’era anche una possibile deroga temporanea sulle sanzioni al petrolio russo come hanno già ottenuto Bulgaria e Croazia. Ma poi il governo ha optato per la soluzione dell’amministrazione fiduciaria sotto l’egida dello Stato che arriva sulla scia di quanto fatto dalla Germania lo scorso settembre per salvare la raffineria di Schwedt nell’Est della Germania e le altre filiali tedesche del colosso russo Rosfnet. Il governo federale ha così assunto il controllo delle attività del gruppo petrolifero.

Tornando al complesso siciliano, durante l’amministrazione fiduciaria (che durerà 12 mesi) il ciclo produttivo dovrebbe essere assestato per raffinare altri tipi di greggio. Priolo, infatti, è stato concepito per raffinare essenzialmente il petrolio russo. Per avere un’idea di cosa sia per l’Italia il blocco di Priolo, basta fare i paragoni con Berlino.

Le filiali tedesche della Rosfnet producono il 12% dei prodotti derivati dal petrolio usati in Germania. La raffineria siciliana, da sola, produce il 22% dei prodotti derivati dalla raffinazione (carburanti, gasolio, benzina) usati in Italia ma, secondo Confindustria, la percentuale sarebbe del 30%. Senza parlare degli occupati diretti e indiretti (in totale circa 10mila lavoratori) e di tutta l’economia dell’indotto che rappresenta il 53% del Pil della provincia di Siracusa.

Intanto il Financial Times rilancia le voci sul fondo Usa di investitori privati Crossbridge Energy Partners che avrebbe da tempo messo gli occhi sulla raffineria siciliana.

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