“L’economia tedesca usava ispirare invidia, presto ispirerà solo preoccupazione” ha titolato recentemente l’Economist. Ancora più pesante uno dei titoli pubblicato da Die Zeit: “Il Made in Germany è finito”.
L’economia del paese teutonico in effetti sarà probabilmente l’unica tra quelle del G7 a presentare una riduzione del Pil per il 2023. Si prevede, inoltre, che nei prossimi cinque anni la locomotiva d’Europa si svilupperà meno di quella di tutti i grandi paesi occidentali (tranne ovviamente di quella italiana).
In particolare, il livello degli ordini all’industria si va riducendo, mentre il settore dei servizi non riesce a compensare le difficoltà di quello industriale.
Si può ipotizzare, seguendo in particolare la pista dell’auto, che il problema economico fondamentale della Germania, come del resto dell’Europa intera, di fronte all’evidente progressivo naufragio del modello di sviluppo sin qui perseguito, sia quello di riuscire a decidere su quali attività economiche puntare in prospettiva in una situazione in cui Stati Uniti e Cina sembrano riuscire a coprire pienamente i comparti tecnologici nuovi, mentre la stessa Cina ed anche altri Paesi in via di sviluppo insidiano le posizioni europee anche nei settori più tradizionali.
Il percorso appare stretto tanto più che sul piano politico l’Europa non sembra in grado di mostrare una qualche autonomia progettuale dagli Stati Uniti, mentre il continente dovrebbe in ogni caso cercare di sviluppare i rapporti con tutto il mondo emergente, a partire dalla Cina.