Dopo la Banca Centrale, anche il Fondo Monetario Internazionale taglia le stime di crescita dell'Italia allo 0,6% per il 2019. Una revisione di quattro decimali rispetto a tre mesi fa. La capoeconomista del Fondo, Gita Gopinath, lo dice senza remore: "Il costoso intreccio tra rischi sovrani e rischi finanziari in Italia resta una minaccia". Mentre a ottobre era stato il braccio di ferro commerciale tra Stati Uniti e Cina a mettere un freno all'economia globale, da allora l'ulteriore revisione al ribasso del Pil è "in parte" imputabile alla Germania e all'Italia, si legge nel documento.
Parole che causano l’immediata risposta del vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini: "L'Fmi è una minaccia per l'economia mondiale, una storia di ricette economiche coronata da previsioni errate, pochi successi e molti disastri".
Gli fa eco il ministro dell’Economia, Giovanni Tria: "Non credo che l'Italia sia un rischio né per l'Ue né globale", in realtà il rischio viene dalle "politiche consigliate dall'Fmi”. L’idea alla base dell’organizzazione con sede a Washington, secondo Tria, è quella di "accumulare buffer fiscali per avere lo spazio per reagire in caso di crisi, ma con questa tesi non si vede che si crea la crisi" anziché batterla.
Nel mirino dell’Fmi c’è anche la Germania: crescita all’1,3% nel 2019, dunque sei decimali in meno rispetto alle stime d'autunno. La brusca frenata della prima economia europea influenza il Pil globale che rallenta quest'anno di due decimali al 3,5% e l’Eurozona dello 0,3% all’1,6%. La recessione, ha sottolineato il direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde, "non è ancora dietro l'angolo", ma i rischi di "un calo repentino" della crescita globale sono aumentati. E a preoccupare di più è ora il duo Berlino-Roma.