I Paesi a basso reddito tendono a spendere come quota del Pil meno sulle scuole rispetto alle strade, anche se gli investimenti nell'istruzione sarebbero decisamente necessari.
L’FMI ha suddiviso la spesa sulle infrastrutture in due categorie: quelle economiche (comprendono strade, ferrovie, porti, acquedotti e telecomunicazioni) e quelle sociali (concernono scuole, ospedali e università). Sono stati, poi, presi in esame alcuni Paesi a basso reddito e osservato il periodo 2000-2008.
Gli esiti dell’evidenza empirica sono lampanti. Gli investimenti nelle infrastrutture economiche possono offrire, nel breve periodo, un aumento dell'output, nuove opportunità economiche e una minore povertà. Nel lungo periodo, invece, gli investimenti nelle infrastrutture sociali determinano un incremento del Pil ben superiore. Maggiori investimenti nella misura dell’1 per cento determinano nel primo caso un incremento del Pil del 5 per cento e nel secondo del 24.
E’ il tempo, pertanto, l’elemento chiave affinchè un investimento sia produttivo. E questo per la politica, abituata a mandati elettorali di pochi anni, conta. Un investimento economico produce una crescita più rapida rispetto a quello sociale per i primi 13 anni e incide per tre volte di meno sul debito pubblico. Si capisce, allora, perché si preferisce costruire strade.