Il Fondo monetario internazionale ha una lunga storia di errori politici. Prendiamo ad esempio il caso dell’Argentina.
A metà del 2018, l’Fmi ha erogato al paese sudamericano un prestito triennale di 57 miliardi di dollari - il più grande nella storia dell'istituzione con sede a Washington - in seguito a una serie di sconsiderate decisioni di politica economica adottate dal presidente Mauricio Macri.
In cambio di liquidità, l'Argentina ha accettato di attuare sostanziali tagli alla spesa pubblica. Ma l'economia è costantemente peggiorata. Oggi, l'inflazione supera il 55%, il tasso di povertà è superiore al 30%, l'occupazione si sta riducendo. Così, per il paese sudamericano, appaiono sempre più un miraggio gli obiettivi indicati dal Fondo su Pil e investimenti.
Eppure, pochi anni prima, era successo qualcosa che avrebbe dovuto impartire una lezione all’Fmi. La Grecia è infatti uscita dalla crisi più indebitata di prima. L’errore era stato così grossolano da costringere il Fondo ad ammettere di aver sottovalutato nel 2013 gli effetti dell'austerità sull'economia ellenica.
Sembrava un importante passo in avanti. Tuttavia, soltanto cinque anni dopo, la stessa logica è stata applicata all'Argentina. Ma non è finita qui.
A marzo 2019, l’Fmi ha concesso un prestito triennale di 4,2 miliardi di dollari all'Ecuador, nell'ambito di un piano per ridurre il debito pubblico e riformare l'economia. In cambio, il Fondo chiede un rapido risanamento di bilancio, attraverso tagli ai salari e ai posti di lavoro nel settore pubblico, aumenti dei prezzi dell'energia, e maggiori imposte indirette.
La stessa ricetta di sempre, una sorta di "austerità espansiva" che però non aiuterà il paese latino a risollevarsi.