Quando un'idea suscita l'immaginazione popolare, la classe politica difficilmente riesce a resistere alla tentazione di inserirla nei programmi elettorali. Non importa se non ci sono prove sufficienti per supportare questa idea. Così come non ha importanza se un esame più accurato suggerisce che metterle in pratica sarà controproducente o, persino, impossibile.
Ciò che conta è l'energia che genera, i voti che attira. È questo il caso, per esempio, della Brexit e del muro messicano di Donald Trump. Sulla stessa lunghezza d’onda si posiziona anche un terzo esempio: quello del reddito di cittadinanza (Rdc), ovvero un’erogazione monetaria concessa a tutti i cittadini indipendentemente dalle loro condizioni socio-economiche.
Ma il fatto che l’Rdc sia proposto da partiti di sinistra, ma anche di destra, dovrebbe far suonare il primo campanello d’allarme.
In realtà un reddito di cittadinanza potrebbe essere implementato soltanto se gli importi monetari erogati fossero modesti. Non per caso in Gran Bretagna lo schema di Rdc più generoso, tra quelli proposti, sarebbe comunque ben al di sotto della soglia di povertà. Ciò significa che sarebbe necessario predisporre una serie di ulteriori benefici alle persone bisognose e non abili al lavoro, spazzando via la promessa che l’Rdc semplifica il sistema di sicurezza sociale e rimuove lo stigma della povertà. In altri termini, un Rdc non troppo costoso sarebbe inadeguato e un Rdc adeguato sarebbe insostenibile.
Perché preoccuparsi allora di costruire quello che l'economista britannico Ian Gough chiama un "potente motore fiscale per trainare un piccolo carrello"? Quali interessi sono effettivamente in gioco?
L'Rdc è un intervento monetario individualistico che mina la solidarietà intergenerazionale sulla quale è fondato lo stato sociale in Europa e che è di fatto in corso di smantellamento da circa 20 anni. La colpa più grave attribuibile all’Rdc è, tuttavia, un’altra: non riesce ad affrontare le cause alla base della povertà, della disoccupazione e della disuguaglianza.
L'idea di dare soldi alle persone, invece, ben si adatta all’ideologia neoliberista secondo cui i servizi sono migliori quando sono messi sul “mercato” e scelti dai “cittadini-clienti”. In effetti, laddove l’Rdc è stato sperimentato in paesi senza servizi pubblici gratuiti è spesso usato per acquistare beni essenziali come l'istruzione e l'assistenza sanitaria.
Ecco allora che dietro l’idea di introdurre l’Rdc si potrebbe celare la volontà non dichiarata di smantellare gli stati sociali specialmente in Europa, laddove il welfare state è nato.
Questa logica sembra non considerare che i servizi pubblici forniti collettivamente, disponibili a tutti in base alle necessità, offrono un rapporto qualità/prezzo migliore rispetto ai servizi commerciali, hanno maggiori probabilità di essere inclusivi e di incoraggiare la solidarietà. Rappresentano un reddito virtuale rilevante capace di svolgere un importante funzione redistributiva.
Ecco perchè più convincente dell’Rdc potrebbero rivelarsi l'idea di puntare su servizi di base universali (Ubs). Ciò significa andare al di là dell'istruzione e dei servizi sanitari, fornendo trasporti, accesso alle informazioni e tutto ciò che occorre per la piena partecipazione a un'economia moderna e sviluppata.
All’Ubs andrebbero comunque affiancate politiche di reddito minimo, che si distinguono radicalmente da tutte le forme di reddito di cittadinanza. Il reddito minimo è selettivo e non categoriale, mentre l’Rdc è puramente universalistico.
L’Rdc non è in grado di modificare il rapporto tra lavoro e capitale, ma potrebbe danneggiare la tradizione socialdemocratica, difficile da conquistare, dei servizi pubblici a disposizione di tutti.
Non c'è da stupirsi, pertanto, che l’Rdc sia diventato popolare tra i magnati della Silicon Valley. Ritengono di poter alimentare più efficacemente i loro interessi con cittadini “docili” e messi nella possibilità di continuare a vestire i panni di consumatori.
In fondo cosa potrebbe essere più attraente di un governo disposto a spendere più risorse pubbliche per sovvenzionare bassi salari e a ridurre i posti di lavoro precari?