Sono attendibili le rosee previsioni della Commissione Ue sull’economia italiana?

In tempi tanto incerti è difficile fare stime. Ma è probabile che l’inflazione duri più a lungo di quanto sostengono le banche centrali

Sono attendibili le rosee previsioni della Commissione Ue sull’economia?

Lo scorso 11 novembre, la Commissione europea ha rivisto di nuovo al rialzo le stime sulla crescita europea e soprattutto italiana. Secondo le nuove previsioni, il Pil dell’Italia dovrebbe aumentare del 6,2% quest’anno e del 4,3% il prossimo. Ugualmente positive sono le stime sull’inflazione, che non dovrebbe allontanarsi troppo dal 2%.

La questione, tuttavia, è quanto siano attendibili queste rosee previsioni. “Il dubbio sorge anche alla luce delle difficoltà che hanno avuto i previsori nell’anticipare la vigorosa ripresa economica mondiale e la forte crescita dei prezzi che si registra oggi – spiega l’economista Rony Hamaui -. Ancora lo scorso marzo, l’inflazione statunitense era stimata sotto il 2%, mentre ora viaggia sopra il 6. Si ha l’impressione che stime di natura essenzialmente estrapolative non aiutino molto a prevedere il futuro in un momento di forti cambiamenti. Se pochi, sulla base delle esperienze pandemiche passate e dei periodi post-bellici, erano riusciti ad anticipare una intensa crescita economica, nessuno aveva messo in conto un’esplosione inflazionistica della portata di quella attuale.”

Ora il punto è quanto sia temporanea l’ondata inflazionistica. “Visto che i meccanismi di indicizzazione salariali sono stati via via smantellati negli ultimi quarant’anni e non rappresentano più una minaccia per spirali inflazionistiche, oggi le aspettative hanno assunto un ruolo predominante nel meccanismo di formazione della spesa e dell’inflazione – continua Hamaui -. Se infatti i lavoratori si metteranno in testa che l’inflazione non è solo temporanea cominceranno a chiedere aumenti salariali che gli imprenditori accetteranno poiché pensano di poterli scaricare sui prezzi di vendita.”

E c’è un altro ostacolo. “L’aumento dei tassi d’interesse poco può fare di fronte a un’inflazione che in larga misura dipende da fattori di offerta – conclude Hamaui -. Ecco allora che le banche centrali, cercano di posticipare una restrizione monetaria e tentano invece di controllare le aspettative attraverso la retorica. Si spiega così la petulanza con la quale ribadiscono che l’inflazione attuale è solo temporanea, sperando in tal modo di influenzare le aspettative di famiglie e imprese.”

Ecco perché è probabile che l’inflazione sarà più lunga di quanto oggi anticipato dalle banche centrali e dagli altri organismi internazionali, e la crescita meno esuberante di quella prevista.

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