L’industria cinematografica chiude la porta a Netflix: numerosi attori, registi e produttori hanno fatto cartello, sostenendo che i film prodotti da loro valgano meno di quelli distribuiti nelle sale e che, quindi, non possano competere nella stessa categoria agli Oscar. Questo ha spinto Ted Sarandos, ceo di Netflix, a rispondere ritirando tutti i film dal Festival di Cannes. Ormai è guerra aperta.
Dal momento che i film prodotti da Netflix utilizzano attori professionisti di serie A (come Will Smith o Adam Sandler) e sono girati da registi del calibro di Martin Scorsese, non si capisce questa chiusura da parte degli Studios su cosa poggi: anche perché è innegabile che con il suo lavoro la piattaforma web sta portando benefici al mondo del cinema.
Al momento Netflix sta sperimentando molto, puntando su registi poco noti o storie fuori dagli schemi, mentre l’industria cinematografica tradizionale è poco incline a rischiare: grazie a questa propensione alla sperimentazione forse un domani questi registi diventeranno anche famosi, perché questo dovrebbe rappresentare un danno per il cinema?
Probabilmente un nodo riguarda la politica di prezzo applicata ai film in sala: nel 2017 il costo medio di un biglietto per il cinema negli Stati Uniti è stato di 8,97 dollari, ma in città come New York o Los Angeles può arrivare a costare molto di più. A fronte di questo, un intero mese di abbonamento a Netflix costa tra 7,99 e 13,99 dollari.
I cinema dovrebbero potenziare i servizi per abbonati, come MoviePass da 9,95 dollari al mese per vedere fino a quattro film in 2D al mese, estendendoli a molte più sale: per competere con Netflix è necessario puntare sugli abbonamenti, integrando un’adeguata politica di sconti per l’ingresso nei sale cinematografiche.