Il governo di Hong Kong sta bloccando lo sviluppo di Uber e Airbnb, perché non rappresentano più modelli di "sharing economy" come quando sono sbarcate sul mercato: oggi sono semplicemente grandi imprese internazionali che combattono contro ostacoli normativi e burocratici.
Il fatto che Uber consenta ai proprietari di fare car pooling con la propria auto arrotondando o che Airbnb aiuti le famiglie a guadagnare un po’ di denaro affittando una stanza non ha molto a che fare con l’economia della condivisione, che invece riguarda l’organizzazione delle nostre vite e l’utilizzo sostenibile ed efficiente delle risorse.
Hong Kong dovrebbe investire in tecnologia per ridurre il traffico e, in questo caso, Uber potrebbe davvero diventare parte di questo cambiamento: migliaia di persone facoltose si recano ogni giorno al lavoro sulla loro auto di lusso, che poi lasciano inutilizzata in un parcheggio costoso per otto o più ore. Se, invece, consegnassero la loro vettura a un guidatore di Uber risparmiando sulla sosta sarebbe una situazione ideale.
A Hong Kong ci sono molte buone idee all’insegna dell’economia della condivisione: come il riciclatore di abiti da sposa “quasi nuovi”, oppure il prestito di attrezzature tecniche che vengono utilizzate solo per pochi giorni all’anno (come quelle per lo sci) o per periodi limitati nel tempo e poi mai più (come i vestiti per bambini).
Ogni giorno a Hong Kong vengono scartate 3.600 tonnellate di cibo in eccesso: questa è una nuova frontiera tutta da esplorare per la sharing economy. Per questo bisogna andare oltre Uber e Airbnb, modificando le nostre abitudini: non abbiamo bisogno di accumulare cose. Al contrario, condividerne alcune potrebbe rendere la nostra vita più sostenibile, facendoci anche guadagnare qualcosa.