L'industrializzazione del continente viene presentata come un’assoluta priorità dalle istituzioni e dai governi africani. L'idea è attraente: imitare lo sviluppo dei "draghi" dell'Estremo Oriente.
C’è un paese in particolare che può essere preso a riferimento. È la Corea del Sud, che nel 1962 aveva un reddito lordo pro capite di appena 120 dollari (a fronte dei 160 della Liberia), salito poi nel 2016 a 27.690. E con un tasso di disoccupazione di circa il 4,5%, la povertà estrema è stata completamente sradicata. Questo miracolo economico è stato reso possibile anche grazie a una vigorosa politica industriale. Tra il 1962 e il 1994, secondo la Banca Mondiale, le esportazioni del paese sono cresciute del 20% l'anno, mentre i risparmi e gli investimenti hanno superato il 30% del Pil.
È, tuttavia, improbabile che i paesi africani possano seguire la rotta orientale. L'industrializzazione della Corea è stata fondata sulla mobilitazione di una forza lavoro abbondante ed economica. Ma il mondo che verrà potrebbe sconvolgere questo paradigma. In un recente rapporto sulle trasformazioni del lavoro indotto dall'intelligenza artificiale, la società di consulenza McKinsey ha analizzato oltre 2 mila funzioni che coprono circa 800 mestieri. E non sorprende che le abilità fisiche e manuali saranno sempre più automatizzate. Al contrario, gli skill sociali e cognitivi (creatività, pensiero critico, elaborazione di informazioni complesse) saranno molto richiesti.
Se tutto ciò è vero la strategia di industrializzazione dell'Africa basata su una forza lavoro giovane e abbondante fallirà. Le macchine già oggi producono vestiti e scarpe, i robot piantano, irrigano e raccolgono prodotti agricoli. Domani cosa resterà da fare ai lavoratori africani? Il continente è a un bivio. O continua così come sta già facendo. Con l’obiettivo di industrializzarsi e diventare la nuova fabbrica del mondo che la Cina vorrebbe spostare lì per potersi dedicare ad una produzione di maggiore qualità. Oppure investire nell’istruzione, dribblando un modello di sviluppo meramente industriale. E il potenziale c’è. Nell'Africa sub-sahariana, ad esempio, il 60% dei giovani di età compresa tra 15 e 17 anni non va a scuola.