Secondo un rapporto del Fondo monetario internazionale, il 40% dei paesi poveri è (o lo sta per diventare) eccessivamente indebitato. La causa? In parte i prestiti cinesi. È giunto subito il commento del governo Usa. "Certamente non accetteremo il conto", ha spiegato il vice segretario del Dipartimento di Stato per gli affari africani, Tibor Nagy. Il contesto è chiaro: l'Africa è intrappolata tra l'incudine cinese e il martello statunitense.
All’ultimo forum Cina-Africa, il presidente Xi Jinping ha promesso 60 miliardi di dollari per il periodo 2019-2021. In particolare, l’Uganda è uno dei principali paesi destinatari. Un piano ambizioso che prevede la costruzione di dieci nuove città, quattro aeroporti, una linea ferroviaria ad alta velocità e autostrade. Il progetto è in larga parte finanziato dalla banca cinese, Exim Bank, tramite un prestito di 7,6 mld. Lo stesso istituto di credito ha finanziato l'85% delle due principali centrali idroelettriche del paese, le dighe di Karuma e Isimba.
L'Uganda, secondo l’Fmi, ha ancora un basso rischio di sovraindebitamento. Ma la situazione potrebbe cambiare rapidamente in uno dei paesi più poveri del continente. Il debito pubblico domestico è passato da 9,1 a 11,1 mld tra il 2017 e il 2018. Con i nuovi progetti cinesi non potrà che aumentare ulteriormente. Con il rischio, un giorno, che le nuove infrastrutture passino sotto il controllo cinese.