Mario Draghi sonda la disponibilità del Paesi dell’Ue a creare un nuovo Fondo, con la missione di sostenere la competitività dell’Europa, che si ritrova in forte ritardo rispetto agli Stati Uniti. Alla riunione informale dell’Ecofin a Gand, l’ex presidente della Bce ed ex premier stima in almeno 500 miliardi la potenza di fuoco necessaria solo per sostenere la transizione verde e digitale.
A questa cifra andrebbero aggiunte le risorse per la difesa e quelle per gli investimenti produttivi. Solo così si potrà recuperare un po’ di terreno rispetto alla prima economia mondiale. Ma Draghi appare prudente al momento di suggerire una soluzione operativa.
Decidere la terapia spetta solo agli Stati nazionali. Secondo Draghi, si può varare un Fondo, si può emettere del debito comune come nei mesi della pandemia oppure fare leva sulle risorse della Bei (soluzione quest’ultima che sarebbe capace di mobilitare gli investimenti privati).
Sul tema degli investimenti privati, l’ex presidente della Bce insiste. Le risorse pubbliche – spiega – non bastano più anche perché i margini sono di fatto ulteriormente ridotti da quanto prevede il nuovo Patto di Stabilità.
I giochi, al momento, sono ancora aperti. Ma gli Stati “rigoristi” – dalla Germania alla Svezia - avrebbero già iniziato ad opporsi a qualunque ipotesi di indebitamento comune.