Berlino è l'unica capitale europea in cui il reddito medio abbassa la media nazionale, ma sta vivendo una rinascita economica ed è consapevole del suo ruolo simbolico: il boom economico sta portando con sé anche una nuova forma di urbanizzazione, la trasformazione dei quartieri popolati da nuovi residenti, in un contesto in cui pur essendo una città di 4 milioni di abitanti i negozi sono ancora tutti chiusi la domenica.
A Berlino sono ben visibili le tracce del passato, le cicatrici della Storia: l’Impero, i nazisti, la guerra fredda. Rispetto a San Francisco e Londra, che con i boom economici hanno trasformato le loro centralità in parchi-gioco per ricchi relegando i meno abbienti ai margini, la capitale tedesca si trova nella posizione di poter evitare questa strada. Negli ultimi 15 anni l’urbanizzazione ha aumentato disuguaglianze e segregazione, in tutte le città globali, come sostiene l’urbanista americano Richard Florida.
A Berlino l’85% dei residenti vive in affitto e nell’ultimo decennio la rendita media sui nuovi contratti è aumentata del 75%: la gentrificazione qui sta avvenendo con decenni di ritardo rispetto alle altre grandi metropoli, ma questo rappresenta un vantaggio perché si può imparare dalle esperienze passate e mantenere il tessuto sociale in quartieri che stanno cambiando.
Dal 2008 al 2016 la spesa per edilizia residenziale è quasi triplicata a Berlino, arrivando a 2,4 miliardi di euro, ma non riesce ancora a soddisfare la domanda: la Germania ha una legislazione che protegge gli affittuari più degli altri paesi, il conflitto tra residenti di lunga data e costruttori che riqualificano per monetizzare e fanno lievitare il costo degli affitti è inevitabile. Berlino può creare una forma di urbanistica più inclusiva, ma le variabili in gioco sono tante e il successo non è affatto garantito.