Sembra un sogno, invece è realtà: addio alle imposte sul reddito per quasi tutti i lavoratori dipendenti argentini. Il Parlamento di Buenos Aires ha approvato il disegno di legge che le cancella, una misura proposta dal ministro dell’Economia, Sergio Massa, a poche settimane dal voto per le presidenziali, programmate per il 22 ottobre e a cui partecipa lo stesso Massa.
Massa (secondo cui “lo stipendio non è profitto, ma remunerazione”) aveva già varato l’esenzione temporanea dalle imposte sul reddito per il 99 per cento dei dipendenti con un decreto che, poi, ha ottenuto il via libera del Senato, eliminandole per 800mila lavoratori e pensionati. Soltanto chi percepisce un importo superiore a 15 volte il salario minimo federale, vale a dire 1,77 milioni di pesos al mese (oltre 5mila dollari), dovrà continuare a pagare le tasse.
La misura, che costerà fino allo 0,83 per cento del Pil nel 2024 secondo le stime dell’Ufficio di bilancio del Congresso, si addiziona agli aumenti degli assegni pensionistici e degli stipendi del settore pubblico appena accordati dal Governo. Tutto questo, secondo le stime di alcuni economisti, costerà circa 5,7 miliardi di dollari, che saranno in gran parte finanziati stampando moneta e quindi alimentando inflazione, che in Argentina è già tra i più alti al mondo: ad agosto, l’aumento annuale ha superato quota 124 per cento.
La crisi economica del Paese, intanto, si avvita e si prolunga: secondo l’Ocse, l’Argentina va incontro a una contrazione del Pil del 2 per cento quest’anno, seguita da un ulteriore calo dell’1,2 per cento nel 2024. Un quadro macroeconomico che si inserisce in un contesto a dir poco difficile: il Governo argentino si è impegnato con l’Fmi a mantenere il deficit pubblico entro l’1,9 per cento del Pil quest’anno, nel quadro dell’accordo per il rifinanziamento del debito da 45 miliardi di dollari, raggiunto nel 2018 e sottoposto a complesse revisioni periodiche. Ci riuscirà?