La terza economia al mondo, la seconda del continente asiatico, rallenta. La Banca centrale del Giappone ha ammesso che non sarà possibile raggiungere il target del 2% per l’inflazione e ha ridotto le prospettive di crescita. Per l’anno in corso i prezzi al consumo saliranno probabilmente dello 0,9%, due decimali in meno di quanto previsto a luglio.
Il paradosso, dopo molti anni di politiche espansive (con tassi di interesse ancora oggi negativi), è che la Banca centrale non ha potuto far altro che mantenere invariate le scelte monetarie.
Il governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, ha negato che le revisioni rappresentino un grande cambiamento nelle prospettive dell’economia nipponica, ma ha altresì riconosciuto che i rischi globali "latenti" potrebbero erodere la crescita e frenare la risalita dell’inflazione. In particolare, Tokyo individua tre specifici fattori di rischio per il paese: il progressivo aumento dei tassi interesse statunitensi, i rischi geopolitici in Europa e i timori sulla stabilità finanziaria nei mercati in via di sviluppo. Ma la preoccupazione pincipale per il Giappone è un’altra: l’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, anche se "fino ad ora gli effetti della ‘trade war’sono rimasti limitati", ha detto Kuroda.
Il Pil del terzo trimestre (il dato ufficiale non è ancora disponibile) sarà probabilmente negativo anche perché in quello precedente (da aprile a giugno) c’è stato un picco rilevante: +3%, trainato dall’incremento dell’export, della produzione e dei consumi. La domanda dei consumatori giapponesi è strategica per l’economia nipponica, visto che rappresenta circa il 60% della crescita dell'economia.
Tuttavia, i venti a livello internazionale cominciano a soffiare in senso contrario. "Il commercio tra Stati Uniti e Cina ha ancora un impatto limitato sulle attività dei produttori siderurgici giapponesi, ma siamo preoccupati per i segni di un indebolimento dell'economia in Cina", ha affermato Koji Kakigi, presidente dell'Organizzazione datoriale giapponese che rappresenta i produttori di ferro e acciaio.
Eppure, la disoccupazione è bassissima, 2,4% a settembre. E per ogni persona in cerca di occupazione ci sono 1,63 posti di lavoro disponibili.