Nelle dune a nord di Riyadh, la capitale dell’Arabia Saudita, il divertimento comincia al calare del sole. Le donne si liberano dei loro abaya, il velo che le ricopre quando sono in pubblico, e cominciano a ballare al ritmo di musica techno con i ragazzi. Alcune bevono dalle bottiglie, ma la maggior parte di loro preferisce le pillole di captagon, la droga preferita del golfo Persico, al costo di 25 dollari l’una. Appartenente alla famiglia delle anfetamine, può avere un effetto simile al viagra e vincere il sonno.
Anche se da un decennio il governo saudita si oppone alla Siria, il governo di Damasco si finanzia grazie all’uso delle pillole tra i giovani. Per il presidente siriano Bashar al Assad questa droga è una manna. Il suo paese è diventato il primo fornitore mondiale di captagon. Mentre l’economia ufficiale crolla sotto il peso della guerra, delle sanzioni e della gestione predatoria degli Assad, questa droga è diventata la principale merce di esportazione e fonte di valuta pregiata del paese.
Nel 2020 le autorità di altri paesi hanno sequestrato droghe siriane per un valore nel mercato dello spaccio non inferiore a 3,4 miliardi di dollari. Una cifra nettamente superiore alla principale esportazione legale siriana, l’olio d’oliva: 122 milioni di dollari l’anno.
Da tempo la Siria è coinvolta nella produzione di droga. Negli anni novanta, quando controllava il Libano, la valle della Beqa’ era la principale fonte di hashish della regione. Ma la produzione di massa di droga è cominciata solo dopo lo scoppio della guerra civile nel 2011.
Gli Assad insistono di non essere coinvolti. “Propaganda”, dice Shadi al Ahmad, un economista fedele al regime che vive a Damasco, la capitale del paese. Ma dal momento che Assad fatica a pagare le sue truppe, affida gran parte del suo paese ai signori della guerra che controllano il contrabbando. In ogni caso i protagonisti fedeli al regime non sono probabilmente gli unici coinvolti.