Cinque persone sono morte nell’incendio di una fabbrica di vestiti saccheggiata dai manifestanti a nord di Santiago. Salgono così a dieci i morti dall’inizio degli scontri di piazza che stanno agitando il Cile.
“Siamo in guerra contro un nemico potente - ha detto il presidente Sebastian Piñera -. Un nemico implacabile che non rispetta niente e nessuno e che è pronto a fare uso della violenza e della delinquenza senza alcun limite”.
Il ministro dell’Interno cileno Andrés Chadwick ha annunciato di avere esteso lo stato di emergenza, in atto da due giorni nella capitale, ad altre città del Paese.
Proseguono intanto gli scontri e i saccheggi: “Siamo di fronte a una vera escalation organizzata per causare gravi danni al nostro Paese e alla vita dei cittadini”, ha detto Chadwick.
Le proteste erano scoppiate a causa dell’aumento del costo dei biglietti dei trasporti pubblici ma, nonostante il ritiro del provvedimento da parte del governo, la protesta (anziché fermarsi) si è estesa nonostante il coprifuoco decretato nel fine settimana. Segno che la crisi economica e sociale del paese è profonda.
I cileni sono per ora costretti a restare in casa: non si può uscire dalle 9 di sera alle 7 del mattino. Non capitava dai tempi di Pinochet. Le strade e le piazze della capitale sono presidiate dai carri armati e dai blindati dei militari che controllano il rispetto della misura.